REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
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I RACCONTI DI RAVEGGI PUBBLICATI DA LIBERARIA
Una catastrofe è effettivamente percepita come tale quando, filtrata dall’individualità, la intacca. Quando viene vissuta in prima persona e ripropone, su scala minore, il disastro più generale: quello ambientale, storico o sociale.
Nei racconti di Alessandro Raveggi, pubblicati da LiberAria con il titolo Il grande regno dell’emergenza, lo scrittore fiorentino crea una corrispondenza fra soggettivo e oggettivo che giustifica l’etichetta di «massimalista» proposta da Luca Ricci nella prefazione: i protagonisti, in prima o in terza persona, rendono le emergenze vicine, tangibili. Lo fa il protagonista di Qualcosa nell’oscurità, che attraversa le rivolte studentesche messicane identificandosi con un randagio e confrontando il suo dovere di ricercatore con le rivendicazioni più ampie di una «educazione basilare»; lo fa Berto nel Genio della Guerra, che sente più vicino l’uggiolare del proprio stomaco rispetto alle motivazioni dei due bombardamenti su Firenze verso la fine della Seconda guerra mondiale. Lo fanno il maestro elementare fra le macerie del terremoto in Abruzzo, nel ricordo della sua Lolita, e lo scrittore che lamenta l’incontinenza verbale di scribacchini annidati in ogni passante e commessa di Yamamay.
Solo nel primo racconto della raccolta, I nostri oggetti paterni, il processo è inverso, e il lutto dei tre figli presenti al funerale del padre è costretto in una dimensione oggettiva: qui il punto di partenza è la catastrofe privata, che si manifesta nelle tre maschere – giraffa, lupo e trogone, una specie di colibrì – passivamente accettate da figli succubi di un genitore ingombrante anche nella bara.
Se la densità emotiva e narrativa dei racconti è tale da renderli «romanzi dentro stampi di racconti», come suggerisce Ricci, la varietà tematica ha un suo corrispettivo anche in quella stilistica, che si esprime in una giustapposizione di racconti lunghi, quadretti in movimento (nella sezione «Altre vite illustri») e una novella: Vuole portarti via. Collocata al centro della raccolta, risponde alla definizione proposta da Šklovskij, cioè storia breve imperniata su un fraintendimento, che termina nel momento in cui il senso prima nascosto si fa scoperto: il questo racconto il soggetto di «Vuole» è progressivamente messo in dubbio da piccoli dettagli stranianti, che non corrispondono all’immagine di un padre in fuga con il figlio. L’assenza della madre rende naturale identificarla come soggetto del titolo, ma qualcosa non torna nella fuga dei vicini, il «golfino macchiato di pastello rosso sangue» suona come un presagio e il lessico attorno al soggetto femminile si gonfia in maniera innaturale, disumana. Perché il fraintendimento si faccia scoperto e il racconto finisca, perfettamente compiuto, occorre che entri in scena l’elemento mancante, quello che dipende dalla coesione testuale di questi racconti: l’emergenza naturale.
a cura di Carlotta Susca