

REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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IL RITORNO ALL'HARD-ROCK DI SUCCI E DORELLA
Procede nella virata verso
sonorità metal più marcate l'ultimo lavoro dei Bachi da Pietra: Necroide
appare nel decennale dall'esordio del duo, composto da Bruno Dorella
(Ronin e OvO, ex Wolfango) alla batteria e da Giovanni Succi (prima coi
Madrigali Magri) alla voce, chitarra e basso.
L'album non si discosta troppo da
quanto visto prima dell'estate coi tre brani di Habemus Baco (se non per
la mancanza di dissonanze più evidenti), rendendo più profondo il solco che la
band ha cominciato a tracciare due anni fa con Quintale. Si allontana invece dalle produzioni precedenti nell'ultimo decennio, e
da un blues minimale e molto particolare, spesso definito semplicemente "noir".
Questa oscurità sembra proprio il fil rouge che rimane e che coerentemente
unisce il black metal di Necroide al passato del duo. Si possono quindi
cogliere influenze diverse, dal metal più classico (Black Sabbath, Iron
Maiden, Slayer, Napalm Death) al post rock, allo stoner, allo sludge, al doom.
La distorsione è piuttosto
definita, ma soprattutto piena e avvolgente. Si tratta forse di uno degli
elementi che caratterizzano più completamente il lavoro, dal primo all'ultimo
brano: le chitarre non sono mai "pulite" e spaziano da un overdrive
molto saturo fino a uno stoppato aggressivo. Vi è soprattutto una vera e
propria foresta di riff, spesso intrisi di blues e neri, nerissimi.
La voce riesce assai bene a passare
attraverso diversi registri e stili. I Bachi non perdono il gusto per i giochi
di parole e riescono pure a piazzare qualche battuta ad effetto piuttosto
riuscita: si apprezza anche una certa cura nella scelta di alcune parole. La
batteria si presenta sempre con grande solidità e concretezza.
Passando all'ascolto dei brani,
non conviene farsi ingannare dal titolo del primo: non c'è alcuna traccia di
folk qui. Solo rock, in una resa modernissima, che lascia però trasparire
chiaramente la sua anima blues come le radici più classiche e maligne. Il titolo del secondo brano, Slayer
& The Family Stone, potrebbe farlo sembrare quasi un divertissement, ma
si tratta in realtà dell'occasione per un funky-metal scurissimo. Non come
quello dei Living Colour, per intenderci, ma una creatura ibrida che dagli anni
'70 ci porta coi suoi riff ossessivi alle sonorità ruvide degli ultimi decenni.
Fascite necroide è poi un chiaro riferimento a Jeff Hanneman,
chitarrista degli Slayer che ne fu colpito.
Con Tarli Mai, Necroide
e Voodooviking si fa forte il déjà-vu di metal e hard rock degli anni
'80: una sensazione che spesso si può cogliere durante l'ascolto
dell'intero lavoro, e che però non è mai troppo ingombrante. Il primo e il
secondo brano lo fanno con riff trascinanti e davvero classici, il terzo con
una cavalcata epica. Virus del male spazia invece tra sonorità più
ruvide e punk, che proseguono con ben maggiore irruenza in Feccia Rozza
(che non potrà non ricordare i Napalm Death). In Cofani funebri troviamo
le donne dell'album, con la protagonista dal nome consono di Morgana, e che
avevamo già incontrato nel lavoro precedente.
Sepolta viva sembra poi
uno dei pezzi più originali e riusciti: un'inizio per una volta pulito, che
ricorda il passato blues del duo e che però ci conduce dritti a un'atmosfera
doom. Qui si coniuga la tomba allo squallore dei pomeriggi casalinghi, con
grande poesia. In conclusione, Necroide è un album solido, che si lascia
apprezzare sin dal primo ascolto e del quale si potrà poi cogliere per molti
versi la grande varietà.
a cura di Giuseppe Fraccalvieri
