REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE CASELLA
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L'ETà DEFINITIVA, DI GIUSEPPE SCHILLACI
Nico ha costantemente la
sensazione di sentire la suoneria del suo cellulare: in genere quando gli
accade la cambia, finché non riprende a capitargli.
Nico è siciliano ma ha
vissuto a Berlino, poi a Roma, e la sua storia inizia con un ritorno alle
origini, a Palermo; è un altro siciliano, Pirandello, ad aver scritto: «Folle!
Come mi ero illuso che potesse vivere un tronco reciso dalle sue radici?».
Quando le radici sono insulari, l’allontanamento assume un significato più
profondo, lo sradicamento richiede un adattamento forse più difficile, ancor
più se la propria terra è avvelenata, macchiata da ricordi dolorosi, e se il
tronco era gemello.
Perché Nico era la metà di
una coppia consolidata, la parte meno visibile di una diade che svettava
orgogliosa Über Alles fra piante che ne traevano linfa, all’ombra ma protette,
e su un sottobosco di relazioni infestanti. Il piccolo dominio dei gemelli
Chimenti si innestava su una terra meravigliosa e terribile, nel cui sottosuolo
altre radici, più profonde, sono da sempre ben salde: inutile illudersi di
poter tornare rimanendo in superficie.
Al presente spaesato di
Nico, barista a Roma, commesso temporaneo nel centro commerciale che domina la
città, si alternano frammenti della gloriosa adolescenza da spalla del gemello,
il Conte. Ora Nico intreccia una relazione con Simona, allora si limitava a
desiderarla, lei, la Madonna della classe – smaliziata, bella, crudele nella
sua strafottenza. Ora viene assunto grazie all’amicizia e al potere di Salvo,
allora era Salvo, detto Manuzza, a reclamare un posto accanto ai gemelli.
Dal confronto fra
l’adolescenza e la maturità, la perdita dell’innocenza è quella di chi ha di
colpo capito che nessun ecosistema può essere preservato dall’interazione con
un sistema più vasto. I Chimenti che si credevano Über Alles, abituati a
dividere il mondo in cornadura e
scatò, a scegliere chi prendere
in squadra (il meccanismo terribile che nell’infanzia decretava
l’appartenenza), non erano nulla in confronto al più vasto scenario in cui il
loro padre aveva stretto alleanze sbagliate e compromesso la loro sicurezza;
uno scenario in cui Leonardo Chimenti, il Conte, non era nulla se non un pedone
sacrificabile.
L’adolescenza di
supercazzole («come se fosse antani») prese in prestito da Amici miei, l’identità di Conte, l’Azione al Castellaccio (un
approccio al sesso impacciato e violento al tempo stesso) non confluisce
progressivamente nella maturità: per Leonardo si congela in una età definitivamente
giovane, in quel 1992 siciliano senza scampo. A Nico tocca portare il peso
della crescita, dell’accettazione dei cambiamenti, dello spaesamento costante,
dell’impossibilità di radicamento. Il gemello diventa un arto fantasma, un
vuoto improvviso e costante con cui fare i conti, come l’eco di una suoneria
immaginata, come il desiderio di una chiamata che non arriva.
L’età definitiva di Giuseppe Schillaci (LiberAria edizioni) fa del
racconto della contemporaneità precaria e sbandata del protagonista uno spunto
per pensare all’età della Sicilia, ancora troppo legata a quell’anno
definitivo, e all’età dell’Italia, ancora infantile nelle sue ambizioni
televisive, nella speranza di riscatto legata alle comparsate, disposta a
mentire sul passato per approfittare di una effimera occasione di cambiamento.
a cura di Carlotta
Susca