REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI BARI
N° 31 DEL 11/08/2009
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I DAFT PUNK ALLA CONQUISTA DELLA TERRA
1997-2007. Tralasciando, per motivi spazio-temporali, tutto ciò che questo decennio ha rappresentato per la musica contemporanea e la sua fruizione (l’avvento di Napster in primis), è bene considerare queste due date come nascita e apoteosi di un’evoluzione (all’epoca impensabile) di un genere come l’elettronica, capace di tramutarsi da culto riservato a pochi eletti a music for the masses da stadio, in modo particolare nella fruizione live degli sforzi sintetizzati di tanti artisti e dj.
Le due date non sono affatto casuali visto che il cuore pulsante di questa rivoluzione coincide con due tour (e due CD live) del duo francese Daft Punk, unici esemplari di quel bestiario elettrico, esploso negli anni ’90, ad aver addirittura incrementato popolarità e mitologia, al contrario di tanti gruppi (o singoli) esplosi nei club dell'epoca – Cassius, Etienne de Crecy, Modjo, solo per citarne alcuni.
Soltanto i Daft Punk hanno saputo alimentare, con il mistero dell’anonimato e l’altissima qualità musicale, una mitologia quasi da fantascienza superando il corpo divistico/musicale quasi in chiave cronenberghiana.
Figlio di quella nouvelle vague, soprattutto francese, che devastò dancefloor e timpani, il cosiddetto ‘French touch’, tanto debitore di artisti come Cerrone e Sheila B. Devotion, ha visto, nel gelido gennaio del 1997, la nascita del primo disco di Thomas Bangalter e Guy Manuel de Homen-Christo, Homework, e una prima tournée europea, Italia esclusa, con un paio di eccezioni americane. La dimensione live del periodo prevedeva, come è possibile vedere in alcuni filmati che circolano su YouTube, le classiche boites parigine o i piccoli locali con gente ammassata attorno alla postazione del duo. Luci basse, muri opprimenti, note soffocate da urla isteriche, sensazioni da culto segreto con l’eccezione di qualche festival estivo, anche perché, proprio in quegli anni, si cercava di recuperare spiriti woodstockiani, anche in Italia, con le varie edizioni dell'Heineken Jammin’ Festival, che nel periodo d’oro era capace di sfoggiare line up con artisti del calibro di Santana, Oasis, Blur e le Hole. Questo tentativo di ritrovare quello spirito di comunione sociale e rivoluzione musicale non prevedeva però uno spazio fieramente dedicato alla musica elettronica, se non per dare uno scossone finale a un pubblico stordito, in tutti i sensi, dalle schitarrate precedenti. I grandi richiami erano ancora prodotti dalle rock band che si contendevano le copertine di «NME» o di «Melody Maker», e la concezione che soltanto le rock band potessero attirare folle oceaniche di spettatori era ancora dura a morire. Gli anni successivi saranno dunque per i Daft Punk anche un cammino preparatorio alla loro rivoluzione.
Nel 2001 Discovery scala le classifiche di mezzo mondo ma al disco non seguirà nessun concerto, bensì il film di animazione Interstella 5555, realizzato dalla Toei Animation, dove il duo apparirà con gli ormai leggendari caschi. È in questo preciso momento che nascono due nuove creature, due figure misteriose che sgorgano da un immaginario così stratificato di fantascienza, fumetti, videoclip, dance music, capaci addirittura di creare una sorta sex appeal dell’inorganico.
Dopo l’incompreso Human After All, i tempi sono oramai maturi per completare la missione nell’anno terrestre 2007. La dichiarazione d’intenti e di guerra è molto semplice: il live, e quindi tutta la musica elettronica, deve diventare un rito collettivo che si gioca sulla presenza/assenza, sul mistero, sull’effetto speciale per occhi e orecchie. Un fasto modernista quindi nella dimensione da arena, da grande stadio da era d’oro del rock con una fruizione da festa accessibile a tutti, dove il palco non è più invaso da jack e amplificatori ma diventa una piramide, una navicella spaziale che trasporta un’invasione aliena pacifica.
L’Alive Tour, che parte non ufficialmente nel 2006, comprende 48 date in ogni angolo della Terra: arene, festival, palazzetti, parchi riempiti fino allo sfinimento di sacerdoti del culto electro. Il duo non ha mai voluto far uscire un DVD che documenti visivamente questo apogeo elettronico: «I filmati su YouTube realizzati con il telefonino rendono alla perfezione quello che è stato il nostro tour» hanno dichiarato tempo fa, e infatti la miriade di fan-video girati in tutto il mondo cattura l’estasi di un evento unico e multisensoriale (è sufficiente pensare all’inizio al buio con l’alternarsi delle voci ‘human’ e ‘robot’ fino al crescendo che culmina in Robot Rock).
Random Access Memories, uscito la scorsa primavera e osannato ovunque, non ha fatto altro che aumentare la febbre per una nuova apparizione terrestre dei due (il 2017 si avvicina…); questo ritorno al suono manuale e non riproducibile, se non dagli straordinari musicisti che hanno inciso le tracce, complica la possibilità di una nuova insurrezione live ma non per questo la esclude, nell’attesa è bello sognare, non più pecore elettriche ma alieni umani.
A cura di Cecilia Ermini